La notizia è che le aziende manifatturiere italiane, in particolare le PMI, stanno uscendo dal medioevo. Infatti, se nel 2016 non era ancora chiaro a molte imprese cosa fosse, quest’anno il Piano Industria 4.0 non ha quasi più segreti. Non solo, la prospettiva di migliorare la propria competitività grazie all’adozione di soluzioni IT, sta facendo emergere una nuova figura lavorativa: il consulente in grado di traghettare l’azienda X da un’era pre-digitale e una fatta di automazione e integrazione dei processi produttivi con le tecnologie oggi a disposizione.
E’ quanto emerge, in sintesi, dalla presentazione del Rapporto Osservatorio Industria 4.0 promosso dall’Osservatorio della School of Mangement del Politecnico di Milano e presentato ufficialmente il 23 giugno nella sede di Assolombarda. L’indagine, già condotta lo scorso anno, ha coinvolto un campione di 241 imprese manifatturiere – comparto che in Italia soffre più di altri il gap tecnologico – per capire a che punto sia l’adozione di soluzioni di information technology, cloud computing, Internet of Things o legate all’automazione di processo (robotica e machine learning).
Le risposte sono confortanti: solo l’8% del campione non ha idea di cosa sia il Piano Industria (lo scorso anno questa quota toccava il 38%), mentre un buon 61% sta valutando come procedere per adottare le nuove misure. Merito anche dei forti incentivi fiscali legati agli investimenti in innovazione digitale con la possibilitàdi ammortizzare anche del 250% le spese per sistemi IT o di avere un credito di imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo o detrazioni su quelli diretti a startup innovative.
Cresce l’adozione di App per il manifatturiero Il risultato è che fino a oggi sono state adottate, solo dalle aziende del campione, 800 app, in media 3,4 per impresa, ed è stata data propulsione a un mercato, quello appunto delle soluzioni IT per le imprese, che oggi vale 1,7 miliardi di euro (un balzo del 25% rispetto allo scorso anno) con benefici a cascata per chi innova ma soprattutto per le giovani aziende tecnologiche che a livello internazionale, tra il 2011 e il 2015, hanno ricevuto investimenti per circa 2 miliardi di dollari.
Nuove figure professionali Proprio questa richiesta di competenze ad hoc sta già creando una forte domanda per nuove figure professionali. Dall’indagine infatti è emerso che tra tutte le capacità ritenute più utili per il passaggio all’Industria 4.0, quella più rilevante consiste nel “definire un piano di adozione delle tecnologie per il miglioramento dei processi produttivi”. Servono quindi figure con “skills” su cui meno della metà delle aziende rispondenti (solo il 46%) dichiara di sentirsi sufficientemente preparata. Poi c’è la “capacità di integrare digitalmente i processi di business con clienti e fornitori lungo la supply chain”, quindi il saper collegare digitalmente il processo di fornitura con quello produttivo. Una sfida per cui il 54% delle imprese si sente sì preparata ma per cui prevede nel 75% dei casi un potenziamento tramite programmi di formazione, nuove assunzioni o collaborazioni.
Siamo di fronte alla creazione di posti di lavoro che prima non c’erano? «Per cogliere davvero la sfida dell’Industria 4.0, le aziende devono dotarsi delle necessarie competenze, rivedendo strategie e pratiche di selezione, assunzione e sviluppo delle risorse umane, ma anche i piani di formazione, le reti di collaborazione – commenta sempre nel comunicato di lancio Sergio Terzi, Direttore dell’Osservatorio industria 4.0 – La skill 4.0 considerata più rilevante dalle imprese non è affatto banale perché richiede di contemperare prospettiva strategica di business e tecnica, considerando le implicazioni sulla sicurezza fisica del personale, la cybersecurity, la privacy, la proprietà dei dati ed altri aspetti legali». La risposta è suffragata anche dai dati: il 25% delle imprese infatti ha dichiarato di voler sfruttare gli incentivi per assumere nuove figure.
Quanto spenderanno le aziende Perché le imprese italiane diventino campionesse di tecnologia occorreranno almeno 10-15 anni. Ma la corsa è già iniziata. Secondo il Rapporto, un quarto delle aziende approfitterà delle agevolazioni del Piano investendo in media oltre un milione di euro, con punte di oltre 3 milioni e una stragrande maggioranza (il 17% del campione) disposta a spendere intorno ai 300 mila euro.
«La quota più importante del mercato di Industria 4.0 ovvero il 63% pari a circa 1 miliardo di euro, è legata ai progetti di connettività e acquisizione dell’Industrial Internet of Things – spiega nella nota ufficiale Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 –, seguito dall’Industrial Analytics (20%, pari a 330 milioni di euro), dal Cloud Manufacturing (9%, 150 milioni di euro) e dall’Advanced Automation (sistemi di produzione e di movimentazione autonomi e collaborativi, con una quota dell’8% pari a 120 milioni di euro». Per ora invece l’Advanced Human Machine Interface (wearable e interfacce uomo/macchina come display touch, scanner 3D, visori per la realtà aumentata) suscita interesse ma rappresenta ancora solo l’1% del mercato: insomma, lasciamo che le aziende italiane intanto escano dal medioevo, per tutto il resto c’è ancora tempo.
Barbara D'Amico, Corriere della Sera